La fonte sacra di Caronte
In territorio di Sambiase era stata notata fin dal periodo neolitico una fonte d’acqua calda che incuteva nello stesso tempo riverenza e paura in una popolazione che aveva come principale divinità la Madre Terra. Quest’acqua, che scaturiva straordinaria e benefica dal grembo caldo di questa divinità, dovette essere ben presto sacralizzata come lo furono anche i boschi che la circondavano. Quale fosse il nome specifico di questa divinità non lo sappiamo. Conosciamo solo gli aspetti che le diedero i popoli che seguirono i neolitici e che poi i greci assimilarono. Quel che sappiamo è che questa divinità femminile era preposta ai culti di una società matrileneare e la si ritroverà nel periodo magnogreco assimilata nella figura greco-italica di Persefone. Potrebbe essere paragonata alla sumerica Inanna, all’assiro-babilonese Istar, alle greche Demetra ed Hecate. Ma qualsiasi cosa essa sia stata, era la ‘Potnia’ (la divina signora), come la chiamarono le genti pregreche. Il suo carattere di divinità aveva un lato luminoso e benigno, ma, anche, all’opposto, oscuro e malefico. Essa, infatti, faceva risplendere rigogliose le messi e proliferare gli armenti, ma poteva anche far inaridire i campi e isterilire gli animali. Essa era la dea del Cielo e della Terra, era la regina dell’Inferno. Già forse fin dal neolitico, dunque, è probabile che un heron (tempio) fosse sorto in suo onore in questa località dove, in periodi stabiliti, le folle oranti dei pellegrini si affollavano intorno alla sua ara e innalzavano capanne e ripari di canne e frasche. A differenza però di località più fortunate, come Savignano sul Panaro e Willendorf, la piana di S. Eufemia non ha restituito ancora statue di Dee Madri.
Ade, Persefone e Demetra
Le vie commerciali, i tratturi, i sentieri, la stessa via fluviale dell’Amato, ancor prima di essere percorsi dai commercianti, furono transitati dalle folle oranti dei fedeli che correvano all’ara sacra sorta accanto alla Fonte Sacra, come accadeva per l’heron che precedette il tempio di Hera Lacinia a Crotone, oppure quello che precedette l’Hera del Sele o quello della Persefone a Locri. Questo doveva essere il culto principale delle popolazioni preistoriche della piana di S. Eufemia. Ad esso si sovrappose poi quello della Ninfa Ligea e a questo subentrò poi il culto bizantino alla vergine e martire di Calcedonia, S. Eufemia. Già nella prima età del ferro la semplice ara votiva si sarebbe trasformata in tempio, utilizzando una delle grotte di cui era cosparso il terreno calcareo di Caronte. La zona rappresentava, quindi, un centro di irradiazione sacra e la suggestività del sito diede luogo a leggende piene di fascino.
La fonte sacra di Caronte