Le reliquie di S. Eufemia
Le reliquie della vergine e martire Santa Eufemia di Calcedonia, conservate nella chiesa di S. Giovanni Battista di S. Eufemia Vetere
Nella chiesa di S. Giovanni Battista di Sant’Eufemia Vetere (Lamezia Terme), in una piccola teca posta nella parete alle spalle dell’altare, sono custipodite alcune reliquie attribuite alla martire Santa Eufemia di Calcedonia, uccisa il 16 settembre dell’anno durante la grande persecuzione di Diocleziano. Sull’autenticità delle reliquie ha voluto far luce il vescovo di Nicastro Domenico Maria Valensise con una scrupolosa indagine storica, pubblicata nel 1900 dalla Tipografia Nicotera. Recuperato quell’importante opuscolo, lo abbiamo pubblicato integralmente con la Casa Editrice InCalabria, perché non se ne perdesse memoria. Alla ricognizione storica di Valensise abbiamo potuto dare un altro importante contributo. Si tratta di documento notarile del 1579 del notaio di Nocera Giovanni De Ventura, da noi rinvenuto presso l’archivio di Stato di Lamezia Terme Questo atto conferma che nell’abbazia benedettina di S. Eufemia, crollata col terremoto del 1638, esistevano effettivamente due reliquie attribuite alla Santa Martire di Calcedonia, e cioè parte della testa e una ciocca di capelli.
Urna funeraria S.Eufemia a Costantinopoli
Nell’atto (che sintetizziamo, eliminando le varie sigle rituali) si legge testualmente che il 13 agosto del 1579 il molto reverendo fra Ubertino Solaro, baiulo del baliaggio di S. Eufemia e il suo vicario fra Marco Foglietta, davanti al notaio dichiaravano che, essendo stata appena edificata nel casale-università di S. Mauro “una ecclesia da fondamenti sub vocabolo di Sancta Euphemia tit. de detto baliaggio per accrescimento di devozione et per più veneratione de detta Sancta è parso al detto Ill.tre baiulo consegnarli doe reliquie cioè parte della testa et capelli de Sancta Euphemia et perciò manda il detto Rev.o suo agente vic(ari)o nella ecclesia magiore de Sancta Euphemia a pigliar detta reliquia siccome effettualmente ha portato come appare per la retro(scri)tta fede de cappellani della suddetta ecclesia et quelle ha consegnato in mani del detto Ill. et m. Rev. Baiulo, quale baiulo l’ha consegnate al R.do do. Dionisio de detta terra di Santo Mauro acciò le debia consegnare et portare alla detta ecclesia di Sancta Euphemia de detta terra nuovamente edificata acciò se tenghino memoria de detta Sancta advocata et patrona; qual rev.do Dionisio promette arrivato sarra presso detta terra di Sancto Mauro consegnare dette reliquie al Rev.do arciprete de detta ecclesia in presentia delli sindaci eletti de detta terra…”.
Lapide nella chiesa di S.Eufemia Vetere
L'atto è corredato dalla seguente testimonianza di 6 cappellani “de Lamayor Ecclesia de S.taphemia”: “facemo fede come per ordine del molto Ill.tre e molto R.do fra Ubertino Solaro Baglio de S. Eufemia ha preso una reliquia dela detta Eccl.a la quale è parte dela testa e chapelli di S. Eufemia la quale è stata consignata al R.do fra Marco Foglietta e la portò al detto Ill.mo Baglio per consignarla alla Eccl.a de S. Eufemia del chasale de Sancto Mauro yurisdictione del baliaggio del detto S.re dela religione yerosolimitana et cossì se fa fede questo dì 22 augusto 1579”. Seguono le firme dei cappellani con la dicitura: “Io scrissi et affirmo ut supra”. Come già detto, il vescovo di Nicastro Domenico Valensise (1888-1902) volle occuparsi di queste e di altre reliquie custodite nell’attuale chiesa di S. Eufemia Vetere, pubblicando un opuscolo, stampato nel 1900 dalla tipografia Nicotera, intitolato “Delle reliquie del Battista, di S. Stefano e S. Eufemia conservate nella chiesa del S. Precursore sita sul golfo lametico. Memorie e documenti”. Citando anche il noto Cabreo del 1655, in cui si legge al foglio 6: “una testa d’argento con dentro una gran parte del capo di S. Eufemia Vergine e Martire e nel medesimo vaso, involto in una carta, un pezzo di osso et capelli della medesima Santa”, il vescovo giunse alla conclusione che quelle reliquie dovevano essere autentiche. Ma, per averne più sicura conferma – scrive nell’opuscolo – “facemmo ritrarre a pastello le forme delle ossa e le abbiamo poi spedite a Mons. Pietro Pace, Vescovo di Malta, pregandolo si degnasse permettere che, da persona perita, se ne istituisse il paragone con quella gran parte di teschio colà esistente, affin di riconoscere quale delle ossa craniche qui rinvenute appartenessero al teschio della Santa Martire”.
Teca con le reliquie di S. Eufemia
Il vescovo di Malta inviò la sua risposta in data 12 dicembre 1899. In essa si confermava che dal teschio di Santa Eufemia, conservato a Malta, mancavano proprio quelle parti che erano indicate nei pastelli inviati dal vescovo di Nicastro e, precisamente, il mascellare superiore sinistro e l’osso temporale. Il documento, come si vede, è importante anche perché conferma l’esistenza del casale di S. Mauro, di pertinenza dell’Ordine gerosolimitano, sul cui territorio nelle seconda metà del ‘500 venne costruita una chiesa dedicata a Sant’Eufemia. Tale chiesa e il villaggio che la circondava fu distrutto dal terremoto del 1638, così come fu rasa al suolo anche la vicina grande abbazia fatta costruire da Roberto il Guiscardo nel 1062. Santa Eufemia, vergine e martire, è considerata la patrona dell’ortodossia cristiana e in diversi paesi italiani, balcanico-danubiani e del vicino oriente l’11 luglio o il 16 settembre si celebra la sua festa. Il 16 settembre ricorda la data del martirio della giovane vergine di Calcedonia, avvenuta nell’ano 303 durante la persecuzione di Diocleziano. L’11 luglio, invece, ricorda un grande miracolo che si verificò sulla tomba della santa martire in occasione del grande concilio ecumenico di Calcedonia dell’anno 451, che condannò l’eresia monofisita. Nel nostro libro abbiamo ricostruito anche la storia della Santa Martire e, in particolare, la sorte del suo corpo, venerato come miracoloso.
L'atto notarile sulle reliquie a S. Eufemia Vetere
Quando i persiani conquistarono la città di Calcedonia nell’anno 617, i cristiani trasferirono le reliquie della Santa a Costantinopoli, nella omonima chiesa fatta erigere in suo onore. Qui rimasero fino all’anno 800 quando imperversava la iconoclastia. Era questa una vera e propria dottrina eretica affermatasi nei secoli VIII e IX nell’impero bizantino. Pur riconoscendo la legittimità del culto di Cristo, della Vergine e dei santi, l’iconoclastia, proclamata ufficialmente nell’anno 726 dall’imperatore bizantino Leone III Isaurico (717-741), proibiva la loro raffigurazione e il culto delle loro immagini e reliquie, considerandoli idolatri. Secondo una tradizione, per ordine dell’imperatore la teca con le reliquie fu gettata in mare. Fu salvata da due marinai, i fratelli Sergio e Sergonos, che la trasferirono nell’isola di Lemno e la consegnarono al vescovo. Il vescovo la fece custodire in una cripta segreta sulla quale fu costruita una piccola chiesa. Vi fu murato un cartiglio che attestava la presenza delle reliquie della Santa. Quando finì l’iconoclastia, condannata dal settimo Concilio Ecumenico, il Niceno II (24 settembre-23 ottobre 787), le reliquie furono solennemente trasferite nuovamente a Costantinopoli. Era patriarca Tarasio e regnava l’imperatore Costantino VI (780-797), figlio dell’imperatrice Irene, favorevole alla condanna dell’iconoclastia e al restauro del culto delle sacre immagini. Il Concilio dichiarò ortodosso il culto delle immagini, distinguendo la ‘venerazione’ che non andava diretta all’immagine, ma alla persona sacra in essa rappresentata, dall’ ‘adorazione’, dovuta solamente a Dio. Secondo un’altra tradizione, imperversando l’iconoclastia, alcuni fedeli, temendo che anche le reliquie della Santa venissero profanate e distrutte, affidarono l’intero sarcofago di marmo ad alcuni pescatori che lo caricarono su una barca per trasferirlo in un luogo sicuro. Si scatenò una tempesta che capovolse la barca. Però il pesante sarcofago, galleggiando sul mare, il 13 luglio dell’800 approdò presso la costa della città di Rovigno d’Istria (Croazia) dove S. Eufemia è venerata come copatrona insieme a S. Giorgio Martire.
Stemma del Balì Gattinara
In Terra Santa i custodi delle sacre reliquie erano i Cavalieri Templari. Le reliquie erano i resti di persone o cose descritte nel Nuovo Testamento nonché i testi sacri. Una reliquia molto popolare a quel tempo era il Legno della Santa Croce. Un’altra era la testa di Giovanni Battista, che era stato decapitato dal re Erode. Nel Medioevo la gente era molto attratta dalle reliquie, che diventavano oggetto di venerazione. Ma come si può immaginare, circolavano anche molti falsi. Si trovavano in circolazione parecchie teste di Giovanni Battista. E c’erano così tanti frammenti di croce da fare non una, ma una foresta di croci. I Templari possedevano la Corona di Spine, che era stata posta sul capo di Gesù. Possedevano anche la bacinella utilizzata da Gesù per lavare i piedi degli apostoli durante l’Ultima Cena, e una vasta gamma di altre reliquie. Ma la reliquia più importante era il Santo Graal, la coppa usata da Gesù durante l'Ultima Cena. Inoltre, avevano parte del corpo di Sant'Eufemia alla quale erano attribuiti poteri divini curativi. Reliquie di Santa Eufemia si trovano in diverse chiese europee. La più grande è conservata nel duomo di Rovigno d’Istria. Da noi se ne conservano alcune, come già detto, nella chiesetta di S. Eufemia Vetere, fatta costruire dal Balì fra’ Signorino Gattinara dopo che il terremoto del 1638 distrusse l’abbazia. Queste reliquie, insieme ad altre, si trovavano nella cripta che custodiva il tesoro dell’Abbazia benedettina, portato qui dai Cavalieri di Malta, che lo avevano ereditato dal Templari e dagli Ospedalieri di S. Giovanni di Gerusalemme allorché dovettero abbandonare la Terra Santa occupata dai Turchi di Solimano il Magnifico. Lo leggiamo nella lapide marmorea datata 1608, che si trova murata sulla parete a destra dell’ingresso della chiesa di S. Eufemia Vetere. Questa lapide, recuperata nel 1899 da Giovanni Lento di Sambiase tra le rovine della grande abbazia abbattuta dal terremoto del 1638, era posta nell’abbazia sopra la cripta delle reliquie. Fu consegnata dal Lento al vescovo che provvide a farla murare su una parete del coro della chiesa di S. Eufemia Vetere. Un altro documento indiretto ci conferma che nell’abbazia c’erano le reliquie di S. Eufemia. Si tratta dell’atto di consacrazione ed erezione a basilica della chiesa di Visora in Conflenti. E’ del 26 agosto 1607. In esso si legge che il vescovo di Martirano Francesco Monaco ripose nell’altare le reliquie di 7 santi tra cui quelle di S. Giovanni Battista e di S. Eufemia richieste e concesse dal priore dell’Abbazia di S. Eufemia.
Storia e legenda di Santa Eufemia
Santa Eufemia (che in greco significa colei che parla bene o acclamata) è considerata la patrona dell’ortodossia cristiana e in diversi paesi italiani, balcanico-danubiani e del vicino oriente l’11 luglio o il 16 settembre si celebra la sua festa. Il 16 settembre ricorda la data del suo martirio. L’11 luglio, invece, ricorda un grande miracolo che si verificò sulla tomba della santa martire in occasione del grande concilio ecumenico di Calcedonia dell’anno 451. Eufemia era una giovinetta di 15-16 anni, di rara bellezza, appartenente a nobile famiglia cristiana. Il padre si chiamava Filofrone, già senatore della città di Calcedonia in Bitinia, sul Bosforo tragico. La madre era la matrona Teodosia (o Teodora). Cresciuta nella fede di Cristo, la ragazza a Lui si era consacrata come vergine; probabilmente frequentava una scuola di filosofia nella città.
Ritratto di S. Eufemia
Notizie sulla vita di Eufemia, sia pur ridotte all’essenziale, sono giunte fino a noi con una discreta attendibilità storica. Nei “Fasti Vindobonenses priores” si afferma che il martirio di Eufemia si consumò il 16 settembre dell’anno 303. Il martirio di Eufemia avvenne durante la celebrazione dell’annuale festa in onore del dio pagano Ares (Marte), dio della guerra e protettore di Calcedonia. Il Proconsole, che si chiamava Prisco, aveva fatto bandire l’ordine che tutti i cittadini dovevano radunarsi presso il tempio del dio per elevare preghiere, partecipare ai riti sacrificali, ornare di ghirlande e doni gli altari. Pene severissime, fino alla condanna a morte, erano previste per i renitenti. Eufemia e un gruppo di altri 49 cristiani, fedeli all’unico vero Dio, pur consapevoli del grave pericolo che su loro incombeva, decisero di non contaminarsi con la partecipazione a quei riti pagani e si appartarono in preghiera in una casa, fiduciosi nell’aiuto divino. Però la loro assenza fu notata e il loro nascondiglio fu scoperto. Furono tutti arrestati e portati davanti al proconsole che cercò in tutti i modi di convincerli a rendere omaggio ad Ares in cambio della vita. Poiché nessuno accettò, Prisco li fece sottoporre a varie torture per ben venti giorni. Nessuno di loro si fece intimidire, nessuno cedette, nessuno si piegò ad offrire il richiesto sacrificio ad Ares.
S. Eufemia e la tortura della ruota
Allora Prisco, nella convinzione che Eufemia da sola avrebbe sicuramente vacillato, la fece separare dai suoi compagni. La esortò nuovamente a ritrattare, offrendole doni e beni terreni. Ma, visti inutili anche questi tentativi, la fece sottoporre nuovamente a torture, minacciandola di una morte atroce. Le fonti storiche non sono unanimi nel descrivere il momento finale del martirio di Eufemia. Secondo alcuni fu arsa sul rogo, secondo altri fu gettata in pasto ai leoni nel circo. Storia e leggenda si sovrappongono in una agiografia molto suggestiva.
S. Eufemia in pasto ai leoni
Inizialmente la giovane Eufemia fu legata ad una ruota con una lama appuntita che le doveva taglieggiare il corpo. La giovane si mise a pregare ad alta voce e la ruota si fermò e non si mosse più nonostante gli sforzi dei carnefici. Un angelo scese dal cielo, liberò Eufemia dalla ruota e le fece improvvisamente guarire le ferite. Il torturatore non volle credere che si trattasse di un miracolo e non si arrese. Ordinò ai due soldati Sostene e Vittore di prendere la giovane e di gettarla in un forno rovente. Ma i soldati videro due angeli in mezzo alle fiamme e non solo si rifiutarono di eseguire l’ordine, ma si convertirono seduta stante al Dio cristiano. Questo gesto costò loro caro. Infatti furono subito presi e gettati in pasto alle bestie feroci. Ma le belve non toccarono i loro corpi. Anche Eufemia, gettata nel fuoco da altri soldati, rimase nuovamente illesa. Attribuendo l’evento a stregoneria, il governatore ordinò di scavare una buca, di riempirla di lame appuntite e di coprirla con terra ed erba. Eufemia fu gettata nella fossa, ma non subì alcun danno. Allora la si diede in pasto alle belve nel circo. Ma Eufemia implorò il Signore e nessuna delle belve libere nell’arena l’attaccò. Eufemia continuava a pregare il Signore che la facesse morire di morte violenta in suo nome. Allora un’orsa l’azzannò ad una gamba e la giovane, dissanguandosi, morì. In quel preciso momento avvenne un terremoto e le guardie e gli spettatori atterriti si diedero alla fuga. Così i genitori di Eufemia e i fedeli poterono prendere il corpo e dargli onorata sepoltura. Sulla tomba della martire, venerata subito come santa, avvenivano continui miracoli.
S. Eufemia nella fossa
Il miracolo di Santa Eufemia al concilio di Calcedonia (451)
Ma la cosa più sorprendente di tutta la storia di Eufemia fu il grande miracolo che, secondo la tradizione, si verificò al Concilio di Calcedonia (8 ottobre-1 novembre 451), ricordato come il grande Concilio, indetto da papa Leone Magno. Si tenne nella basilica eretta sulla tomba di S. Eufemia presso la quale si erano verificati tantissimi miracoli. Papa Leone doveva affrontare la grave e insidiosa eresia cosiddetta monofisita di Eutiche, archimandrita di un monastero presso Costantinopoli, il quale sosteneva che Gesù Cristo è solo Dio e non uomo. Grandi discordie si aprirono in seno alla Chiesa. Si tennero vari sinodi per definire il dogma della doppia natura di Cristo. Un apposito concilio si tenne ad Efeso nell’anno 448, ma senza risultati. Un altro fu convocato a Calcedonia nel 451. Le discussioni si svolsero in un clima tutt’altro che pacifico tra divergenze e contrasti. Alla fine fu trovato l’accordo e fu approvato il cosiddetto simbolo o credo calcedonese.
S. Eufemia: il miracolo
Questi i fatti secondo la storia. La tradizione invece ci dice che, non riuscendo le due parti a trovare un accordo decisivo, il patriarca di Costantinopoli Anatolio propose al concilio di sottoporre la decisione sulla controversia allo Spirito Santo attraverso l’intermediazione di Sant’Eufemia, la “tutta-lodata”, le cui reliquie erano state scoperte proprio durante i lavori del concilio. Furono scritte le due confessioni di fede (quella ortodossa e quella monofisita) su rotoli separati e sigillati. Poi, alla presenza dell’imperatore Marciano, fu aperta la tomba della martire e i due catechismi furono collocati sul suo petto i due rotoli. La tomba fu rinchiusa e sigillata con sigillo imperiale, mettendo una sentinella di guardia per tre giorni.
S. Eufemia: la leggenda
Durante questi tre giorni entrambe le fazioni, per impetrare l’intervento dello Spirito Santo, si imposero un rigoroso digiuno e continue preghiere.
S. Eufemia: Calcedonia