Dalla preistoria alla storia
La piana di S. Eufemia si è formata durante il Pleistocene (700.000-500.000 anni fa) in seguito ad un lento innalzamento del terreno che portò a colmare il braccio di mare che copriva l’istmo dallo Jonio al Tirreno. Sin dal paleolitico superiore negli altopiani circostanti si registrava la presenza di comunità di cacciatori-raccoglitori come hanno dimostrato prima le ricerche di superficie e poi gli scavi sistematici nella stazione preistorica di Casella di Maida, scoperta da Dario Leone e studiata dai professori Antonio Milano e Paolo Gambassini. Allo stato attuale delle ricerche il sito di Casella di Maida è “l’episodio preistorico più antico in Calabria”. La piana inoltre è una delle aree della Calabria in cui sono stati effettuati ritrovamenti relativi ad abitati neolitici. Si tratta di manufatti in ossidiana, accette levigate, fusaiole, ceramica impressa e fondi e resti di capanne a forma circolare, frammisti ad altri oggetti di uso quotidiano, che testimoniano la presenza di stazioni-officina neo-eneolitiche a conferma della presenza di insediamenti umani e di attività agro-pastorali. Anzi, il fatto che l’ossidiana (il cosiddetto vetro vulcanico) provenisse dalle isole Eolie denuncia l’esistenza nella piana di centri di lavorazione di quella preziosa materia prima. La circostanza poi che manufatti di ossidiana (soprattutto bulini e raschiatoi) siano stati trovati, oltre che sul fronte antistante il golfo di S. Eufemia, anche sull’area del Poro e sulla costa ionica crotonese, fa supporre che “potessero esistere dei collegamenti interni, se pure assai difficili, da costa a costa”. Certamente esisteva “una linea Poro-Sant’Eufemia, esposta ai commerci eolici, da cui, attraverso il breve passaggio dell’istmo catanzarese, l’ossidiana prendeva la strada dell’altra costa, all’estrema punta del Marchesato”.
La piana di Lamezia, l'istmo e le Eolie
Inoltre, proprio il ritrovamento di fusaiole e pesi da telaio in pietra rotonda, opportunamente bucata, accerta nella piana di S. Eufemia la lavorazione di fibre tessili e un’agricoltura già avviata, sebbene ancora primitiva. Si praticava la pesca ed era diffuso l’allevamento della capra, ritenuta animale sacro. Proprio nell’area, chiamata Enotria, che aveva il suo centro nell’area istmica tra il golfo di Squillace e quello lametino, avvenne, presumibilmente durante l’età del bronzo (di cui per ora abbiamo solo pochi ritrovamenti di superficie), quell’unione di genti preistoriche dette italiche (Siculi o Ausoni o Morgeti) e quel passaggio da un’economia pastorale nomade ad un’economia agricola stabile che portò alla costituzione di quel regno guidato dal mitico Italo, il legislatore di cui parla Aristotele, che avrebbe dato a questa regione il nome di Italìa. Nel quaternario recente (detto anche antropozoico o neozoico), cioè nell’ultima era geologica iniziata due milioni di anni fa, caratterizzata in Europa dalla comparsa dell’uomo, la piana lametina si apriva su un golfo più esteso dell’attuale, che rientrava per una decina di chilometri fino all’odierna città di Nicastro. Fu poi a poco a poco insabbiato dai detriti alluvionali e dai sedimenti delle piene di fiumi e torrenti, formando cordoni litoranei e numerose aree lagunari.
Esempio di utensili in ossidiana
E' certo, quindi, che le località dove sono stati individuati resti di antichi centri abitati (Cerzeto, Iardini di Renda, Palazzo, Terravecchia) si trovavano a poca distanza dalla costa. E’ certo pure che lungo tutto il litorale del golfo esistevano approdi fluviali e piccoli scali lagunari il più importante dei quali era quello alla foce del Bagni.
L'itinerario di Ulisse
Questi siti portuali favorirono nella piana lametina l’approdo dal mare di abitanti che arrivavano anche per via di terra a fini sia commerciali che semplicemente insediativi. La costa tirrenica è stata la prima ad ospitare insediamenti greci in Italia. Da questo punto di vista il mitico itinerario di Ulisse che proprio sulle coste tirreniche dell’Italia meridionale ricevette accoglienza (Circe) o fece altre interessanti esperienze (le Sirene, Scilla e Cariddi, Nausicaa) “connota queste zone come popolate da abitanti pacifici, ospitali e comprensivi verso un Ulisse di origine lontana e diversa”. C’è però da dire che, pur avendo ricevuto i primi approdi dei coloni greci, la costa tirrenica non vide la nascita di colonie pari, per numero e per importanza, a quelle sorte lungo la costa ionica. Quasi tutti gli insediamenti tirrenici (Hipponio, Medma, Matauros, Temesa) erano filiazioni di colonie già da tempo sorte sulle coste ioniche. Lo era anche Terina che i Crotoniati fondarono nei primi decenni del V sec. a. C. nella piana lametina dopo la distruzione di Sibari, scegliendola certamente per la sua posizione strategica sull’istmo. A proposito di Terina, ma anche di Temesa (che sarebbe stata individuata a Campora S. Giovanni), qualche studioso ha avanzato l’ipotesi che si trattasse di due antiche città italiche successivamente conquistate e occupate da popolazioni magnogreche. In effetti, sulla base di quanto scriveva il geografo Stefano di Bisanzio (V-VI sec. d. C.) richiamandosi ad Ecateo di Mileto (V sec. a. C.), è stata ipotizzata dagli archeologi l’esistenza nella piana di un insediamento di matrice enotria, quello dei lametini. Inoltre, il ritrovamento del famoso tesoretto monetale di Polveracchio ci dice che sul finire del VI sec. a. C. nella piana lametina circolavano monete di Sibari.
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