Giovanni Nicotera

DA EROE DEL RISORGIMENTO A DISCUSSO MINISTRO DI POLIZIA DELLA SINISTRA STORICA

"Che Giovanni Nicotera avesse bisogno di una rivisitazione critica, come oggi si vuol dire, dopo la stroncatura feroce e concorde che gli aveva dedicato una storiografia che è forse ingeneroso e sbrigativo stroncare a sua volta come ideologica e moralistica, non si dubita certamente”. Con questa affermazione Raffaele Colapietra apriva, su “Incontri Mediterranei”, la sua recensione al volume Giovanni Nicotera nella storia italiana dell’Ottocento contenente gli atti del convegno di studio tenutosi a Lamezia Terme nel centenario della morte, pubblicato da Rubbettino a cura di Antonio Bagnato, Giuseppe Masi e Vincenzo Villella. Il convegno, in effetti, si proponeva di fare luce sulla complessa figura di Nicotera, troppo condizionata dalla pubblicistica postunitaria, superando sia gli antistorici giudizi encomiastici, celebrativi, elogiativi e agiografici sia le liquidazioni sommarie e moralistiche su un personaggio certamente contraddittorio e problematico, ma che ha avuto un ruolo preciso tra i maggiori rappresentanti della classe politica meridionale.

Lamezia Terme

Busto di G. Nicotera (Gianicolo, Roma)

Giovanni Nicotera (Sambiase 1828-Vico Equense 1894), sia come patriota che come ministro dell’Interno nel governo postunitario della Sinistra Storica, non solo è stato trascurato dalla storiografia, ma il giudizio storico che ne è stato finora dato non è stato affatto benevolo. Figura controversa e ancora oggi molto discussa della vita politica italiana dell’Ottocento, Nicotera ha attraversato con la sua personalità le fasi più importanti del Risorgimento e del primo periodo postunitario. Affiliato fin da giovane alla società segreta dello zio materno Benedetto Musolino, partecipò alla rivoluzione del 1848. Esule a Corfù, fu poi difensore di Roma nel 1849, protagonista a fianco di Carlo Pisacane della spedizione di Sapri (1857) ) in cui fu ferito e nella spedizione dei Mille. Nel 1861 fu eletto deputato al primo Parlamento nel collegio di Salerno e fu ministro dell’Interno nel governo Depretis (1876) e poi in quello del Di Rudinì dal 1891 al maggio 1892, dopo la parentesi all’opposizione con la famosa Pentarchia (Nicotera, Crispi, Cairoli, Zanardelli, Baccarini). Ma chi era veramente Giovanni Nicotera? Quale contributo reale ha offerto al Risorgimento italiano? Quale ruolo ha svolto nella politica nazionale dei primi decenni dello Stato unitario? Quali comportamenti ha avuto come ministro degli interni? Si può definire un meridionalista?

Lamezia Terme

Cartolina con iscrizione G. Nicotera

Come dicevamo, il giudizio complessivo della storiografia su Giovanni Nicotera non è stato lusinghiero e nemmeno unanime in positivo o in negativo. Infatti, se gli viene riconosciuta la parte avuta nel processo risorgimentale dalla spedizione di Sapri in poi, al contrario viene descritta per lo più negativamente la sua azione di governo. Già Gaetano Salvemini, nel suo saggio su I partiti politici milanesi nel secolo XIX, pose Nicotera sullo stesso piano di “tutti gli ex repubblicani impantanatisi nella melma della corruzione monarchica”. A sua volta Carlo Morandi nella sua opera La sinistra al potere mise in evidenza “l’assoluto difetto di cultura del Nicotera che, ministro degli Interni, si vantava di avere allora iniziato la lettura della storia di Napoleone”. Giustino Fortunato, riferendosi anche lui ai limiti sia culturali che etici di Nicotera (“comuni a tutta la Sinistra storica”), confessò che sarebbe stato della Sinistra se in essa non ci fossero stati capi come Nicotera. In tanti poi, in tempi diversi, hanno sottolineato come il suo giacobinismo giovanile fosse frutto di puro istinto più che di autentiche motivazioni politiche e di una vera preparazione culturale circa i classici della democrazia e del liberalismo. Addirittura Christopher Seton-Watson, riferendosi anche alla giovane età (50 anni) con cui Nicotera entrava nel governo, ha sostenuto che la responsabilità della carica scatenò nell’uomo di governo soprattutto lo spirito della vendetta personale. Anche Benedetto Croce nel 1947 evidenziava nella sua Storia d’Italia dal 1870 al 1925 le vendette e le persecuzioni operate dal Nicotera per liberarsi sia di nemici personali che di amici scomodi, spedendone molti nelle isole.

Lamezia Terme

Ritratto G. Nicotera

Il De Giorgio, un anno dopo, distingueva due momenti nettamente diversi nella biografia di Nicotera in quanto ad un periodo eroico ne era seguito uno dittatoriale, violento e vendicativo in cui egli non badò affatto alla libertà degli altri e al sistema democratico per cui aveva lottato negli anni giovanili. Con questi suoi atteggiamenti Nicotera – come ha sottolineato Carlo Vallauri – avrebbe rinnegato gli ideali che lo avevano spinto alle imprese risorgimentali (come la spedizione di Sapri con Carlo Pisacane) e, dopo essere andato al potere con un grande successo elettorale, precipitò “travolto dalla sua stessa sicumera e superficialità, testimonianza dell’abdicazione immediata delle idee conclamate non appena a contatto col potere, di cedimento a gruppi clientelari”. Capone, dal canto suo, ne ha sottolineato gli aspetti autoritari, la manipolazione delle elezioni, i metodi di governo che erano stati propri della destra e, in particolare, di Silvio Spaventa, ministro dei lavori pubblici: uso dei prefetti a fini elettorali, facilitazioni di carriera e promozioni accordate a magistrati amici, repressione della stampa d’opposizione, uso strategico della burocrazia centrale e locale. Per quanto riguarda in particolare i prefetti, è noto che con Nicotera si assisté ad un sistematico e vasto movimento di prefetti, attraverso sia destituzioni che trasferimenti. Un movimento di prefetti più massiccio di quello attuato da Nicotera si sarebbe verificato, secondo gli studi di Ernesto Ragionieri, solo con Giolitti in vista delle elezioni del 1892, quando sostituì tutti quelli vicini a Crispi e, nel Mezzogiorno, quelli vicini a Nicotera. Giudizi critici analoghi sull’operato di Nicotera ministro sono stati espressi da altri grandi storici quali Candeloro, Procacci e Galante Garrone i quali hanno valutato negativamente il sistema trasformista, la spregiudicatezza politica e molti provvedimenti non democratici adottati da Nicotera. Non è mancato chi, come M. Mauro, nel suo saggio La camorra e lo Stato liberale, ha riportato informazioni della questura napoletana (non si sa quanto fondate), secondo le quali Nicotera frequentava addirittura ambienti camorristici ed era coinvolto anche nel controllo delle cosiddette banche-usura. Tuttavia, grandi storici contemporanei come lo stesso Capone nonché Galasso, Scirocco, Mascilli Migliorini, Monsagrati, Berselli, Cammarano, Colapietra (per citarne solo alcuni dei più noti) e altri giovani ricercatori hanno avviato in questi ultimi anni una opportuna opera di “messa a punto” sulla figura di Nicotera, mettendone in evidenza anche aspetti positivi, di cui il convegno suddetto è stata una proficua testimonianza con i contributi di grosso spessore scientifico da parte di prestigiosi storici di varie università italiane e di noti studiosi locali.

In particolare, Giuseppe Masi, ha messo fuoco la biografia politica di Nicotera articolata nel rapporto tra la storia del paese e quella della sua vita, tra la storia del Mezzogiorno e il giovane Stato unitario, evidenziando il ruolo svolto nel Parlamento italiano nell’ambito della sinistra storica affinché il Mezzogiorno non fosse considerato soltanto un’appendice della nuova nazione. Circa il presunto meridionalismo di Nicotera, Masi alla domanda se per il suo disegno politico Nicotera possa essere giudicato un protomeridionalista, risponde di no, “sia perché l’uomo non autorizzava tali considerazioni, sia perché gli mancava la cultura per addivenire alla risoluzione di un problema che non era soltanto politica di lavori pubblici. Egli era dotato di un sano realismo e non aveva la stoffa di pensatore e di studioso. In Nicotera c’era soltanto il bisogno, diremmo oggi, per motivi elettorali di fare qualcosa per le regioni meridionali”. Molto più esplicito su questo tema Raffaele Colapietra il quale non si dichiara d’accondo sul fatto che l’azione di Nicotera fosse indirizzata ad inserire le regioni meridionali nella realtà del nuovo paese rendendole protagoniste sì da farle diventare la spina dorsale del nuovo stato unitario. Così come afferma che la politica di Nicotera nei confronti del Mezzogiorno non sia andata al di là dell’impulso dato alla costruzione della ferrovia Eboli-Reggio Calabria, il che, secondo Colapietra, fa toccare con mano “quale poverissima cosa fosse non dirò il meridionalismo, ma modestamente la sensibilità meridionale del calabrese Nicotera”. Su un registro opposto la posizione di Francesco C. Volpe il quale, richiamandosi all’autorità storiografica di Giuseppe Galasso, ascrive a merito di Nicotera, oltre alla ricucitura della Sinistra meridionale, caduta in crisi profonda dopo Mentana, anche il “notevole impegno meridionalistico” che si rinsaldava a quello più specifico per la Calabria, sua regione d’origine. Giuseppe Monsagrati, dal canto suo, ha analizzato la figura di Nicotera come ‘antieroe del Risorgimento’: figura controversa, talvolta perfino enigmatica, assurta, soprattutto nell’interpretazione degli storici liberali, a rappresentare tutto quanto di negativo ci possa essere nel politicante di mestiere completamente privo di scrupoli. Non condividendo questa visione negativa, Monsagrati compie una valutazione attenta, inquadrando l’operato di Nicotera nell’attività di uno schieramento politico variegato quale fu la Sinistra, penalizzata da una subalternità di partenza verso il ceto egemone e sottoposta ad un’azione di assorbimento che riuscì proprio in ragione della sua debolezza strutturale. In questa situazione, sostiene Monsagrati, Nicotera fu forse uno dei pochissimi che consapevolmente cercò di sottrarre se stesso ed il suo partito a questo destino. E, quando fu al potere, diede prova, in talune occasioni, di possedere un senso dello Stato inconsueto per i colleghi della Sinistra e poco frequentato anche dagli esponenti della Destra.

Lamezia Terme

Ritratto C. Pisacane

A sua volta Luigi Mascilli Migliorini approfondisce il tema del rapporto tra Giovanni Nicotera e l’opposizione meridionale, affermando che “l’effimera, controversa e nella sua conclusione grottesca esperienza ministeriale di Nicotera non denuncia solo la debolezza dell’uomo, ma anche le insufficienze dell’opposizione meridionale a farsi classe di governo”. Ma un contributo determinante per rispondere ai quesiti più scottanti su Nicotera ministro degli interni è venuto ora dal corposo saggio (pubblicato grazie anche al contributo finanziario del Consiglio Regionale della Calabria) intitolato Trasformismo, autoritarismo, meridionalismo. Il ministro dell’interno Giovanni Nicotera (ed. Il Mulino) di Marco De Nicolò il quale aveva anticipato alcuni temi della sua ricerca nel corso del suddetto convegno. Sulla base di una vasta indagine archivistica, in massima parte inedita, e di tutti i più importanti strumenti a disposizione dell’indagine storica (soprattutto gli Atti parlamentari e le fonti dell’Archivio Centrale dello Stato), De Nicolò non si propone una riscoperta o riabilitazione del personaggio, ma di approfondirne la proposta di recuperare lo squilibrio regionale creatosi in Italia già dopo l’Unità e, parallelamente, di dare conto dell’attività istituzionale compiuta in qualità di ministro dell’Interno. Attività quest’ultima che – sostiene De Nicolò - anche se non appare corretta e limpida, né improntata alla larghezza di idee propria di altri esponenti del suo schieramento quali Zanardelli e Cairoli, presenta pur tuttavia aspetti peculiari meritevoli di essere presi in esame accanto ad altri meno positivi. De Nicolò mira a mettere soprattutto in luce questi aspetti peculiari, tentando una ricostruzione del quadro unitario attraverso un’indagine dei nodi principali: le ragioni dell’ascesa politica, i mutamenti dell’orientamento ideale, il rapporto tra provvedimenti e programmi e, soprattutto, la natura e l’intreccio tra quelli che furono gli elementi essenziali dell’azione politica di Nicotera, quali il trasformismo, l’autoritarismo e il meridionalismo.

I fattori del consenso alla linea politica di Nicotera (e della Sinistra) De Nicolò li indica: nella progressiva penetrazione nelle amministrazioni locali per accumulare potere; nella tessitura di una fitta rete di clientele; nella protezione che Nicotera riuscì ad ottenere da parte di funzionari dello Stato e, in primo luogo, dei prefetti; nella contrattazione con gli avversari politici che, in cambio della sua disponibilità, consentirono la nomina di persone di sua fiducia in posti nevralgici. Ma, al di là di questo vero e proprio sistema clientelare del “partito” nicoterino , – sottolinea De Nicolò – fu importante anche l’appartenenza di Nicotera alla massoneria. Infatti, dapprima egli fu uno degli esponenti principali della Loggia “I figli dell’Etna”, descritta dalla questura di Napoli (nel novembre 1863) come covo di elementi tumultuosi, di orientamento azionista, “che non si ponevano altro obiettivo che avere in mano un’arma politica”. L’appartenenza alla massoneria influì sull’ampliamento della base elettorale napoletana e sulla tessitura della rete di relazioni sulle elezioni. Infatti, essendo frequentata soprattutto dalla borghesia delle professioni, in particolare da avvocati ed impiegati pubblici, essa dava la possibilità di allacciare rapporti politici ed affaristici. Il fatto poi che la casa di Nicotera a Napoli, in via Monte di Dio, sul ponte di Chiaia, diventasse anche sede di una loggia, conferma che egli non aveva trascurato la possibilità, data dall’affiliazione, di allargare ulteriormente le relazioni . Per quanto riguarda le iniziative di Nicotera come ministro dell’Interno, De Nicolò si sofferma innanzitutto sui provvedimenti riguardanti l’ordine pubblico. Una delle misure più adottate da Nicotera fu il domicilio coatto. Un altro strumento fu l’ammonizione. Di entrambi i provvedimenti quello che colpisce non è tanto la loro estensione quanto la loro applicazione. Infatti, Nicotera ne faceva un uso prevalentemente politico in quanto erano rivolti non solo ad aderenti ad associazioni ritenute “sovversive”, ma si estendeva anche ad alcuni giornali. A tale atteggiamento – come sostiene Mack Smith – si aggiungeva il divieto imposto agli impiegati del suo ministero di leggerne altri. Nicotera avviò una serrata lotta contro la mafia in Sicilia, ricorrendo a vere e proprie misure repressive, e ottenne senz’altro risultati positivi nell’impostazione dell’ordine pubblico nelle regioni meridionali, pur senza ricorrere a legislazioni speciali, ma utilizzando tutti gli strumenti tradizionali di repressione ereditati dalla Destra: ammonizione, domicilio coatto, premi per la cattura dei latitanti. I metodi adottati però – come concordano gli storici – furono molto discutibili, spesso al di là della legalità, nonostante la strenua difesa fattane dallo stesso ministro alla Camera. Alcuni storici poi (Candeloro, Carocci) hanno messo in dubbio l’imparzialità dell’azione contro la mafia siciliana, evidenziando che questa azione in realtà, più che a sradicare il fenomeno mafioso, mirava a colpire determinati gruppi di potere locale a favore di altri, e principalmente ad annientare gli interessi avversi alla sua politica.

Lamezia Terme

Il Secolo Illustrato

Per quanto riguarda il metodo del trasformismo, che era diverso da quello realizzato poi da Depretis, esso nasceva – secondo De Nicolò - da un progetto politico, mentre il suo autoritarismo servì ad acquistare credito presso i moderati e la Corte. Circa il meridionalismo di Nicotera De Nicolò sostiene la tesi che esso fosse indirizzato al riequilibrio di risorse tra le due aree del Paese e all’incremento delle infrastrutture del Sud. Ma Nicotera, che aveva la presunzione di poter rappresentare da solo l’intero Mezzogiorno, non si può certamente definire un vero e proprio meridionalista anche se – come scrive De Nicolò - “egli appare come l’espressione politica più forte e più genuina delle necessità meridionali, il primo rappresentante del meridionalismo politico”. Dunque – secondo De Nicolò - il successo di Nicotera nel Mezzogiorno fu il frutto non solo di un’estesa rete di clientele e di amicizie su cui hanno insistito gli storici, ma anche della forte capacità di esprimere il malessere di quelle regioni e tradurlo in politica. Ma non si può sottacere il fatto che, come ben ha evidenziato il Cammarano, la piattaforma meridionalista di Nicotera era prettamente strumentale a una nuova maggioranza di governo con una parte della Destra, dopo averla disunita. I limiti dell’uomo – conclude De Nicolò – furono forse maggiori di quelli del politico, pronto com’era a inimicarsi alleati, a rendere durature antiche controversie, a seminare dubbi sulla propria affidabilità, a servirsi di strumenti politici poco ortodossi, a manifestare un carattere spigoloso e autoritario (si pensi ai famosi duelli con il suo avversario Silvio Spaventa e col Lovito, segretario generale di Deprestis). Una delle persone a lui più vicine, Asproni, così lo descrisse nel suo Diario politico: “Giovanni Nicotera ha ingegno naturale e sagace, ha la parola facile e idee chiare; ma è vinto dalla vanità e soffre il furore uterino”. Ma anche Nicotera ministro ebbe i suoi limiti. Lo ha ben messo in evidenza Carlo Guerriero nel suo intervento al convegno di Lamezia, sostenendo un concetto “inconfutabile”, cioè che Nicotera non è stato un ministro dell’Interno, nel senso esemplare al pari di Crispi, bensì un ministro di polizia. Infatti a Nicotera ministro dell’Interno – come sostiene Colapietra – “è mancata l’aria non appena dalla fase brillantissima di lotta indiscriminata alla criminalità tout court, culminata con la distruzione del brigantaggio, si sarebbe dovuto passare a quella organica e strutturale della lotta contro la mafia in quanto contropotere ed anti Stato, con tutti gli agganci e tutte le frizioni che ciò inevitabilmente avrebbe comportato nei confronti specialmente dell’aristocrazia e della magistratura”.

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IL BERSAGLIERE (Il giornale personale di G. Nicotera)

Il 15 novembre 1875 vedeva la luce a Roma il primo numero del BERSAGLIERE fondato da Giovanni Nicotera che ne era anche il proprietario. Si trattava di un’operazione politico-editoriale che evidenziava il ruolo fondamentale svolto dalla stampa nel contrastato clima politico post unitario specialmente in funzione della propaganda elettorale e, quindi, del consenso nell’opinione pubblica. Proprio per questo Nicotera, con un’abile manovra, riuscì a chiamare nella redazione come collaboratori alcuni giornalisti del giornale della Destra il FANFULLA, una delle testate più importanti ed influenti nel panorama giornalistico. Nicotera aveva voluto fortemente questi collaboratori, finora impegnati nella parte avversa, per portare avanti il suo disegno politico che aveva bisogno di un giornale molto diffuso. Infatti, il FANFULLA era l’unico giornale che non aveva problemi di vendita, soprattutto perché aveva introdotto brillantemente, accanto alle pagine politiche, anche quelle di varietà sull’esempio dei giornali inglesi e francesi. Tutte le altre testate romane, invece, che si mantenevano per lo più solo con gli abbonamenti, erano in crisi e scarsamente diffuse. Perché quel titolo che si richiamava all’eroe della disfida di Barletta, reso famoso dal romanzo di Massimo D’Azeglio Ettore Fieramosca? La spiegazione veniva data nell’editoriale del primo numero con queste parole: “Il nostro giornale, sotto un nome già tanto caro agli Italiani, metterà tutte le sue forze per essere vivace, ardito, battagliero, ma non spavaldo, aggressivo, violento […]. Nasciamo a Roma, ma con intenzioni tutte italiane. Roma, città capitale, appartiene non solo a sé, ma all’Italia tutta…”.

Lamezia Terme

Articolo su Giovanni Nicotera

Nello stesso primo numero risaltavano già temi rispondenti agli interessi della borghesia meridionale. Infatti, si rivolgeva l’attenzione “a quei paesi poveri e lontani che in conseguenza dello sviluppo dei lavori pubblici ripagheranno allo Stato le spese anticipate mercé lo sviluppo delle imposte”. Questo tema – come ha scritto Loredana Magnanti in un suo studio sul BERSAGLIERE – “si svilupperà giornalisticamente negli anni successivi attraverso la celebrazione dei viaggi, dei discorsi e delle azioni promosse su tale argomento da Nicotera (dalle promesse del completamento della linea Eboli-Reggio allo sviluppo dell’industria bellica e, in particolare, quello legato alla Marina Regia) senza par altro un’elaborazione e un effettivo approfondimento dei nodi e delle riforme necessarie per attuare lo sviluppo del meridione, tanto che non trovano che scarso rilievo le battaglie politico-giornalistiche sul potenziamento delle autonomie locali, sulla legge agraria e persino quelle sull’ordine pubblico”. A conferma del ruolo esercitato allora dalla stampa per l’accaparramento del consenso, ricordiamo che Nicotera, appena assunse il dicastero degli Interni, propose e fece attuare a Depretis la revoca del privilegio degli annunci legali e amministrativi ai giornali avversari, privilegiando quelli della propria parte. In questo contesto della concezione della stampa a servizio del potere, ricordiamo anche che nel 1877, allorché i nemici lo attaccavo sistematicamente sulla Gazzetta d’Italia (che si stampava a Firenze), il giornale di Nicotera regalava ai suoi abbonati il libro gadget relativo al processo di Firenze riguardante la spedizione di Sapri in cui era coinvolto direttamente proprio Nicotera, accusato di aver tradito i compagni. Un’altra data importante è il 1881 allorché il faccendiere Ernesto Oblieght, già distributore delle pagine pubblicitarie del BERSAGLIERE, divenne, su pressione di Nicotera, prima il comproprietario e poi il maggiore azionista del giornale. Proprio in quell’anno 1881 scoppiava lo scandalo del tentativo di vendita del BERSAGLIERE da parte di Oblieght alla finanziaria francese Fremy, insieme ad altre testate italiane. Era evidente, infatti, in questa operazione la nascita di “un pericoloso intreccio di interessi finanziari, controllo dell’informazione e influenza diretta sugli organi politico-istituzionali” (Magnanti). Tutto il dibattito su questa operazione ebbe, com’era naturale, pochissimo spazio sul BERSAGLIERE. L’unica conseguenza fu che nel 1883 la proprietà del giornale ritornò totalmente a Nicotera il quale poi la lasciò alla redazione Il BERSAGLIERE, sotto questa nuova impostazione editoriale, visse solo per un altro paio di anni, cessando di esistere con il n. 198 del 19 luglio 1885. La collezione più completa del giornale si trova a Roma presso l’Archivio Capitolino.