Il mito della Sirena Ligea
Sulle splendide monete coniate a Terina, alcune delle quali sono ritenute dei capolavori dell’antica numismatica, c’è la più antica testimonianza delle acque termali di Caronte. Infatti, sul dritto c’è impresso il dolce profilo di una fanciulla alata mentre riempie un vaso d’acqua ad una sorgente che sgorga dalla testa di un leone, chiara simbologia iconografica di una fonte sacra. Si tratta della rappresentazione del simulacro della Sirena Ligea (la melodiosa), la cui salma, sospinta dalle onde del Tirreno, fu gettata sulla spiaggia del golfo lametino dove ricevette onorata sepoltura dalle pietose mani dei naviganti e a cui più tardi i terinei elevarono culto religioso. E la Sirena avrebbe rappresentato la personificazione della città di Terina (che significa ‘la tenera’). E’ il mito della Sirena Ligea del poeta calcidese Licofrone (330 a. C. circa) nei versi del poema Alexandra.
“E Ligea pertanto sarà sbalzata presso Terina sputando acqua di mare; e i naviganti la seppelliranno nella sabbiosa spiaggia presso le rapide correnti dell’Ocinaro; e questo, forte nume dalla fronte cornuta, con le sue acque bagnerà il sepolcro e tergerà il busto dell’alata fanciulla […]. Altri, stanchi di vagare penosamente di qua e di là, si stanzieranno nel paese di Terina, dove bagna la terra l’Ocinaro versando le sue limpide acque nel mare”.
Ulisse e le sirene
In questi versi il nome di Ligea e quello di Terina appaiono associati e la fonte e l’anfora simboleggiano il fiume Ocinaro (l’attuale Bagni) che attraversa Caronte e che con le sue acque tergeva il sepolcro della sirena Ligea nel mito cantato da Licofrone. Ma chi erano queste Sirene? Gli antichi aedi, che ci hanno tramandato il mito, cantarono che esse, annidate sugli scogli, con la dolcezza del loro canto ammaliavano i naviganti che costeggiavano le sponde del Tirreno dal Circeo a Scilla. Il mito venne introdotto su queste coste tirreniche dai coloni greci che vi si stabilirono a partire dall’VIII secolo a. C. In Omero e in Esiodo le Sirene erano due. Ma esse più tardi divennero tre: Partenope (‘quella che sembra una vergine’), Leucosia (‘quella che ha candide membra’) e Ligea (‘la melodiosa dalla voce incantevole’), figlie di una Musa e del fiume Acheloo. Esse sarebbero state mutate in uccelli da Demetra per punirle di non aver aiutato Persefone (figlia di Zeus e Demetra), loro compagna di giochi, quando Ade (il dio degli inferi) la rapì mentre insieme a loro stava cogliendo fiori nella pianura di Enna, trascinandola nell’Averno. Sulla loro tragica fine Apollonio Rodio (III sec. a. C.) nel suo poema Argonautica (Le Argonautiche) ci dice che le Sirene si sarebbero date la morte, lanciandosi nel mare, quando Ulisse riuscì a sottrarsi al fascino del loro canto. Le onde del mar Tirreno avrebbero rigettato il corpo galleggiante di Partenope sulla spiaggia della Campania dove poi sorse Napoli (chiamata anche Partenope), quello di Leuocosia sul lido di Posidonia (Paestum), da cui il nome di Leucosia dato ad un’isoletta presso quella città, e quello di Ligea sulla riva tirrenica della Calabria presso Terina.
Moneta raffigurante la sirena Ligea
Le Sirene venivano rappresentate con corpo di uccello e testa di fanciulla oppure come fanciulla nella parte superiore e in quella inferiore come uccello o, più tardi, come pesce. In origine le Sirene erano le sacerdotesse di Afrodite, che praticavano la prostituzione sacra così come avveniva in Oriente e nell’Asia Minore col culto di Ashtart dei Fenici e della dea Ishtar dei Babilonesi. Con i proventi ricavati dall’esercizio di quella professione le sacerdotesse si costituivano la dote. In Babilonia anche le donne sposate si prostituivano agli stranieri, una volta tanto, nel tempio di Mylitta versando però il denaro così guadagnato al tesoro del tempio. Come si vede sulle monete di Terina, la figura alata di Ligea è accompagnata da alcuni attributi caratteristici di Afrodite, evidentemente attributi della divinità trasferiti alla sacerdotessa della stessa. Infatti su una faccia c’è una fanciulla alata che reca in mano una colomba o una lepre e un ramoscello di mirto.
Sull’altra faccia una figura muliebre alata, assisa su un poggio e volta a sinistra, che stringe nella mano sinistra un caduceo e con la destra tiene un’anfora appoggiata sulle ginocchia, nella quale cade l’acqua che scorre da una testa di leone (simbolo di una fonte) situata su una muraglia di pietre e ai piedi si vede un cigno nuotante nella fontana. La colomba, la lepre e il ramoscello di mirto sono i simboli di Afrodite attribuiti alle sue alate sacerdotesse (dette ierodule). Alla schiera delle ierodule si possono ascrivere le Sirene, ossia le fanciulle che incantavano col fascino della loro voce e dei loro amorosi richiami i naviganti. Le Sirene cantavano, suonavano, danzavano proprio come le meretrici dell’antichità che erano cantatrici, suonatrici e ballerine. Erano esseri graziosi, allegri, canori come gli uccelli e perciò erano rappresentate alate o in forma di uccelli o di fanciulle-uccelli. Esse abitavano nei paesi di mare, nei porti, perché la prostituzione sacra era praticata con stranieri e perciò erano dette le muse del mare, le figlie di divinità marine, esse stesse divinità marine, e più tardi furono rappresentate come fanciulle fino alla cintola e nel resto pesci.
Il fascino maggiore delle Sirene, quello che ha colpito di più la fantasia dei naviganti, stava comunque, come già detto, nella loro dolcissima voce. Dunque, il mito di Ligea, cantato da Licofrone, è legato all’esistenza di Terina, recentemente portata alla luce nell’area denominata Jardini di Renda posta a sud di Caronte a poca distanza, interrata dalle piene del Bagni dopo la sua distruzione ad opera di Annibale. C’è poi un altro elemento che conferma questo accostamento. L’Ocinaro ha il nome di Bagni dall’800 in poi con chiaro riferimento al fatto che il corso d’acqua passa accanto alle terme di Caronte (appunto ‘i bagni’). Anteriormente il fiume era chiamato Fòrmiti, formato dai torrenti Carpinà (carpineto) e Carìa (noceto). Questo nome, secondo l’Alessio, rappresenta un prezioso relitto toponomastico in quanto deriverebbe dal nome latino Aquae Fòrmidae (da formidus=caldo) che doveva essere la denominazione antica delle terme di Sambiase. Dunque il nome Fòrmiti proviene dalle sorgenti solforose calde (Aquae fòrmidae= acque calde).